Il lato oscuro della Silicon Valley - L'altro processo a Theranos, la startup che prometteva di rivoluzionare le analisi mediche

Aggressivo, collerico, pronto a tutto. Comincia questa settimana il processo a carico di Ramesh Balwani, ex braccio destro e partner sentimentale di Elizabeth Holmes, fondatrice di Theranos, la startup che prometteva di eseguire oltre duecento test diagnostici, tra cui quelli per patologie gravi come il cancro, in pochi minuti e con una sola goccia di sangue. Stessa aula a San Josè, in California, stessi capi d’accusa ma procedimenti separati, con i due che non sono mai stati messi a confronto. A gennaio è arrivata la sentenza per Holmes, ritenuta colpevole, con pena da quantificare. 

Rischia fino a vent’anni di carcere. La strategia difensiva della fondatrice originaria di Wahsington è stata presentare l’intera vicenda come la parabola di un’imprenditrice visionaria che non è riuscita a raggiungere il proprio sogno. E addossare buona parte delle colpe all’ex partner, che l’avrebbe “manipolata” e “abusata” fisicamente ed emotivamente. Una ricostruzione che non ha convinto. La selezione della giuria per Balwani si è aperta mercoledì 16 dicembre, mentre le dichiarazioni iniziali sono attese per venerdì. Balwani si dichiarerà non colpevole. 

La startup californiana, che giunse a valere ben nove miliardi di dollari, senza aghi e solo con una puntura su un dito diceva di voler rivoluzionare la diagnostica. Un mercato potenzialmente enorme, un sogno che pareva a portata di mano, tranne che per un particolare: di vero c'era poco. Nel 2015 un’inchiesta del Wall Street Journal portò alla luce la verità. La bolla di Theranos si sgonfiò rapidamente, e l’azienda chiuse definitivamente i battenti nel 2018. Holmes e Balwani finirono in tribunale con l’accusa di aver truffato gli investitori, tra cui il magnate dell'editoria Rupert Murdoch: avevano raccolto quasi un miliardo di dollari, evaporati nel crac. Importanti e rispettati i nomi nel board, come gli ex segretari di Stato George Schultz ed Henny Kissinger. 

Chi è Ramesh “Sunny” Balwani

Di Balwani si conosce poco. Business Insider ha provato a far ordine riepilogando le informazioni certe sul suo conto. Nato in Pakistan il 13 giugno del 1965, si sarebbe spostato assieme ai genitori in India prima di arrivare negli Stati Uniti. Nessuno conosce l’origine del soprannome “Sunny”. Laureato in informatica a Austin, in Texas, avrebbe lavorato come sales manager per Microsoft in California, quindi per Lotus Software. 

Nel 1999, poco prima della bolla delle dot.com, il colpo della vita: Balwani divenne presidente di un’azienda di aste online business-to-business. La società fu acquistata per 225 milioni un anno dopo. Giusto in tempo per evitare il tracollo, che arrivò puntuale. Ma lui se ne era già andato, si dice con 40 milioni. Una exit in piena regola, e non c’è credenziale che valga di più in Silicon Valley.  

L’incontro con una giovanissima Elizabeth Holmes, all’epoca appena diciottenne, sarebbe avvenuto nel 2003, mentre i due si recavano a Pechino per un corso estivo di cinese. La Cina sarebbe di lì a breve entrata nel Wto aprendosi al commercio globale: valeva la pena di approfondire il mandarino, che lei peraltro studiava dalle superiori con ottimi risultati. Inizialmente si trattò di semplice amicizia; in seguito sbocciò la relazione. All’epoca Sunny aveva trentasette anni. Lei quasi venti di meno. 

Nel 2004 Holmes lasciò Stanford per dedicarsi all’azienda che aveva fondato. In inglese chi abbandona gli studi viene detto “dropout”, da cui il titolo di una recentissima serie televisiva sulla vicenda. I due sarebbero andati a convivere poco dopo. La formalizzazione del ruolo aziendale di Balwani avvenne nel 2008. Il board di Theranos premeva per sostituire Holmes alla guida: la giovane imprenditrice riuscì a restare in sella promettendo di coinvolgere proprio il compagno, dotato di maggiore esperienza. Sunny divenne capo delle operazioni e suo braccio destro: la relazione, però, non venne resa nota ai membri del cda. I due vivevano assieme ma, in pubblico, dissimulavano.

Il tema della segretezza caratterizzò tutta la parabola della startup, come quello della corsa al futuro. Holmes, ambiziosa e visionaria sin da giovane, si sottoponeva a un programma di miglioramento personale basato su una routine quasi marziale. Sveglia alle quattro del mattino, esercizi, preghiera, subito al lavoro per quattordici o sedici ore al giorno. L’americana lasciava biglietti motivazionali rivolti a sé stessa, promemoria su come comportarsi in ogni occasione. “Non sono impulsiva”, “ Non esito”, “Non reagisco”, “Parlo raramente. E quando lo faccio – diretta e concisa. Se si parla di aria fritta lo dico subito. Le mie mani sono sempre in tasca o gesticolano"”. Scampoli di un carattere particolare, rivelato, più di tutto, da un dettaglio: la fondatrice modificava la voce, rendendola più profonda in pubblico in maniera da assumere maggiore credibilità. Il risultato era artificioso e a tratti quasi comico, ma convinse molti. 

La vita a Theranos

Nel sontuoso quartier generale di Theranos a Palo Alto, affitto da un milione di dollari al mese, la sicurezza era più di un’ossessione. I dipartimenti non potevano parlarsi, le mail aziendali venivano lette e controllate dai dirigenti, tra i corridoi regnava il terrore. “Per molto tempo non ho potuto dire neanche a mia moglie su cosa stavo lavorandoammise Channing Robertson, professore di ingegneria chimica a Stanford e primo membro del consiglio di amministrazione. La consegna del silenzio imposta da Holmes fu perfezionata da Balwani, detto “il sicario” dai dipendenti perché incaricato di smarcare i lavori peggiori: come quello di licenziare, minacciare proditorie azioni legali o impartire sonore lavate di capo a chi lasciava l'ufficio dopo otto ore di lavoro.  

Si narra che sotto la sua guida, le riunioni aziendali terminassero con canti motivazionali di gruppo, alcuni positivi, altri meno, come i “Fuck you " rivolti a giornalisti o competitor. Fuori dalla faraonica sede tutta specchi in pieno stile Silicon Valley, buttafuori con teste rasate stazionavano minacciosi. Il clima ostile e la pressione estrema portarono un dipendente, esausto, a suicidarsi. “Fake it till you make it”, “Fingi finché non riesci a farcela”, recita un assunto noto nella Silicon Valley.  E, dal momento che i risultati tardavano ad arrivare mentre i dollari, al contrario, affluivano copiosi, non restava da giocare che la carta della privacy e del segreto industriale, che Theranos opponeva alle (poche) richieste di chiarimenti che arrivavano da parte degli investitori.  

Il processo

Come detto, Holmes è stata ritenuta colpevole in seguito a un procedimento seguito dai media di tutto il mondo perché ritenuto paradigmatico di un ecosistema, quello dell'innovazione, in cui le eccezioni si sono fatte regola. Balwani verrà processato per gli stessi capi di imputazione.

Per la difesa, l’imprenditrice, ormai trentasettenne e con un figlio avuto da un altro uomo, sarebbe stata un’ingenua visionaria con l’unica colpa di aver fallito nel realizzare la propria ambizione di migliorare il mondo grazie a un’invenzione geniale. Il problema sarebbe stato rappresentato da Sunny, personalità forte e dotata di un potere di condizionamento perverso. Sarà interessante sentire la sua versione. Considerando l'entità delle pene in gioco, è ragionevole supporre che Balwani non rinuncerà a difendersi con gli artigli, forse addossando le colpe alla ex partner. Non è escluso che possa essere prodotto nuovo materiale. Nel processo chiuso a gennaio, alla sbarra sono passati testimoni che hanno raccontato la quotidianità della compagnia, assieme a documenti, biglietti personali ed email che si sono rivelati decisivi. 

La sentenza, per Holmes, è attesa per settembre. Nonostante l’eco mediatica, molti sono convinti che finirà per assestarsi ben al di sotto dei dieci anni. Anche perché, nonostante i comportamenti evidenziati siano difficilmente scusabili, la fondatrice è stata una delle poche, in Silicon Valley, a essere stata inchiodata alle proprie responsabilità. 

Ma, quale che sia la verità giudiziaria, il tribunale non risponderà alla domanda di molti: come è stato possibile che Theranos sia durata quindici anni, guadagnando copertine sui principali magazine, raccogliendo quasi un miliardo di dollari e diventando un mito senza essere mai veramente uscita sul mercato? Hanno contato sicuramente l’allure personale di Holmes e l’ossessione per la segretezza, ma anche i pochi vincoli imposti dalla legislazione alle aziende non quotate. E poi la stampa, che, con poche eccezioni, ha abdicato al proprio ruolo e si è accontentata della trita narrazione eroica tanto di moda nel decennio scorso. La storia di Theranos è diventata il simbolo del lato oscuro della Silicon Valley. Una terra dove tutto è possibile, ma, per alcuni, una zona franca dove la fantasia supera spesso la realtà.