Chi è Elizabeth Holmes, la startupper che voleva rivoluzionare la sanità e ora è a processo per truffa

La sua Theranos avrebbe dovuto riscrivere le regole dei test diagnostici, ma della startup e della sua magnetica imprenditrice non restano che gli strascichi giudiziari

Elizabeth Holmes, fondatrice ed ex ad della startup Theranos (Yichuan Cao/NurPhoto/Getty Images)

La nuova Steve Jobs”, forse per via di quel maglioncino dolcevita che riporta alla mente il fondatore di Apple. “La nuova Mark Zuckerberg”, probabilmente per quello sguardo fisso, con gli occhi spalancati, che è una caratteristica anche del fondatore di Facebook. “La nuova Bill Gates”, per la presunta attenzione alle tematiche sociali. Tutti i visionari imprenditori della Silicon Valley accostati a Elizabeth Holmes, fondatrice di Theranos, avevano una sola cosa in comune: erano uomini.

Da questo punto di vista, l’ascesa di Elizabeth Holmes era una necessaria novità in un mondo dominato – ancora oggi, quasi senza eccezioni – da maschi bianchi. È il 2014 quando Elizabeth Holmes entra nel billionaires club, con una fortuna stimata in 4,5 miliardi di dollari, mentre la sua startup – che prometteva di eseguire analisi del sangue senza prelievi e ottenendo risultati immediati – è valutata in 9. All’improvviso, Holmes e Theranos vengono proiettati nell’olimpo della Silicon Valley. Durerà pochissimo: già nel 2018 la sua fortuna crolla a zero e lei diventa oggetto di indagini per truffa aggravata. Nel 2021, rischia una condanna a vent’anni di carcere. Cos’è successo? 

Per capire questa storia, è indispensabile indossare nuovamente le lenti che tutti gli addetti al lavori portavano nel 2013 o giù di lì. Siamo nel pieno della febbre delle startup, nel pieno dell’ethos degli imprenditori visionari alla Elon Musk o Jeff Bezos, nel pieno della mania degli investimenti milionari in nuove tecnologie, con la speranza di scovare la nuova Tesla o Facebook. Non ci sono ancora stati i flop di WeWork e le mille difficoltà di Uber. Non ci sono ancora stati gli scandali di Facebook e gli investimenti senza senso in startup come Magic Leap. È ancora la fase Re Mida della Silicon Valley: tutto ciò che serve è avere fiducia negli imprenditori visionari sfornati dalla terra californiana.

È questo scenario che porta a una fiducia, col di senno di poi, insensata nei confronti di una startup che aveva promesso tantissimo e dimostrato niente. I cui inganni erano celati dietro a una sottilissima patina, scovata al volo dai primi che, nel 2015, hanno provato a guardare: i giornalisti del Washington Post.

Le origini di Theranos

È il 2004 quando Elizabeth Holmes, nata a Washington 20 anni prima e figlia di un ex vicepresidente della società energetica Enron, decide di lasciare l’università di Stanford – dove sta studiando Ingegneria chimica – per dedicarsi a tempo pieno alla startup da lei fondata: Theranos, nome il cui suono ricorda un dio malvagio dell’antica Grecia, ma che in realtà nasce dalla contrazione di therapy e diagnosis. L’obiettivo di Theranos è creare un’alternativa ai classici esami del sangue, rendendo possibile eseguirli più rapidamente, estraendo solo poche gocce di sangue dalle dita e, in futuro, diagnosticare in questo modo anche malattie come il tumore o il diabete.

Nel 2009, la startup super segreta assolda ufficialmente l’investitore Ramesh Balwani, che diventa presidente e assume anche il ruolo di chief operating officer. Balwani ha incontrato Holmes, di vent’anni più giovane, durante un viaggio a Pechino organizzato nel 2002 da Stanford. Più tardi si scoprirà che tra i due c’è una relazione romantica. Nel 2013 finalmente Theranos e i suoi progetti vengono svelati al pubblico ed Elizabeth Holmes inizia a presenziare sulle cover dei più importanti magazine statunitensi. Fortune, il New Yorker, il New York Times e tantissimi altri la immortalano mentre regge in mano il dispositivo che promette di raccogliere poche gocce del nostro sangue.

Il mondo tech cede immediatamente al fascino di questo nuovo personaggio, che sembra nato appositamente per dare nuova luce al prototipo del genio della Silicon Valley. Nessuno sembra quasi accorgersi che non ci si trova di fronte a un dispositivo digitale, a un nuovo social network o device in realtà virtuale. Ciò che Theranos mira a costruire è un dispositivo medico, il che dovrebbe richiedere ben altra prudenza. È forse proprio lei, il personaggio Elizabeth Holmes, che riesce a offuscare il giudizio degli analisti e a trasformare una misteriosa società medica nella startup del momento

Come si legge su The Verge, il “personaggio Holmes” rispetta tutti gli standard della Silicon Valley. Ha abbandonato una scuola prestigiosa, è ossessionato dal lavoro al punto che il suo unico hobby è l’attività fisica, è giovanissima, ha un’adorazione per Steve Jobs (e infatti imita il suo celebre dolcevita), la sua società è circondata da un’eccessiva segretezza. E poi, ovviamente, è donna: una novità non solo benvenuta, ma che viene sicuramente accolta con un enorme sospiro di sollievo. Poco importa che ancora nel 2019 solo il 2,8% dei soldi investiti in startup siano andati a imprenditrici donne (ed è comunque un record): se esiste un personaggio come Elizabeth Holmes, significa che tutti i problemi di disparità di genere sono risolti, giusto? 

E così, su Theranos piovono i soldi di Larry Ellison, fondatore di Oracle, o Tim Draper di Dfj. Nel 2014, la startup raccoglie qualcosa come 400 milioni di dollari. Nel board della società compaiono nomi dal peso enorme: nientemeno che Henry Kissinger, George Shultz e anche James Mattis, che più avanti diventerà ministro della Difesa di Donald Trump. Nessun membro del board ha esperienza in campo medico, ma questa è una startup della Silicon Valley, cosa volete che conti?

E come funziona, da un punto di vista medico, il dispositivo rivoluzionario di Theranos? In un profilo che le dedica il New Yorker, Elizabeth Holmes spiega: “Si genera una reazione chimica che grazie all’interazione con il campione crea un segnale, che è tradotto in un risultato ed è poi rivisto da personale di laboratorio qualificato. Grazie alla miniaturizzazione e all’automazione, siamo in grado di gestire questi piccoli campioni”

Neanche i medici di Grey’s Anatomy darebbero spiegazioni scientifiche così vaghe. Eppure le cose si muovono: nel 2015, la Fda (l’equivalente statunitense delle nostra Agenzia del farmaco) dà l’approvazione a Theranos per usare la sua tecnologia per diagnosticare l’herpes (è l’unica approvazione che mai conquisterà). Nel frattempo decolla anche la partnership con la catena di farmacie Wallgreens (siglata già nel 2013), dove Theranos inizia effettivamente a raccogliere campioni di sangue da analizzare con la sua rivoluzionaria tecnologia. Non è l’unico caso: anche la catena di supermercati Safeway investe 350 milioni di dollari per costruire cliniche Theranos all’interno dei suoi negozi. La startup, come detto, in questa fase viene valutata 9 miliardi di dollari e la fortuna di Elizabeth Holmes stimata in 4,5.

Crolla il mito nascente di Theranos

E poi, nell’ottobre 2015, tutto inizia a crollare. Un’inchiesta del Wall Street Journal svela come il dispositivo creato da Theranos venga usato per pochissimi dei 240 test svolti sui campioni di sangue e che la stragrande maggioranza sono eseguiti con i classici prelievi dal braccio, non le “poche gocce” prese da un dito, e analizzati con macchinari tradizionali. Theranos reagisce accusando l’inchiesta di essere “scientificamente e fattualmente errata”. Nello stesso mese, la Fda divulga un report in cui rende note le sue preoccupazioni relative a un dispositivo medico “non autorizzato”. Elizabeth Holmes, intervistata a un evento organizzato proprio dal Washington Post, conferma invece di “sapere ciò che sta facendo e di esserne molto fiera”

La resistenza dura poco: nel gennaio 2016, l’agenzia governativa che si occupa dei servizi sanitari (Cms) invia a Theranos una lettera in cui afferma che la società non ha rispettato gli standard federali e addirittura avvisa che i pazienti sono in “pericolo imminente. La ricaduta è immediata: due anni di esami vengono annullati, le partnership vengono rescisse, le cause da parte degli investitori iniziano a essere consegnate. Col tempo anche Elizabeth Holmes viene allontanata dalla società che prova, senza successo, a darsi nuova linfa prima di arrendersi e chiudere baracca nel settembre 2018.

Pochi mesi prima, erano arrivate le accuse di frode aggravata, secondo cui Elizabeth Holmes e Ramesh Balwani hanno ingannato per anni investitori, medici e pazienti con l’obiettivo di arricchirsi. Nel processo appena iniziato, rischiano qualcosa come 20 anni a testa. Che cos’è successo veramente dentro Theranos? Era solo un tentativo di ingannare e arricchirsi sperando di non venire mai beccati? Era la più folle rappresentazione del classico “fake it till you make it” (fingi finché non ci riesci), nella speranza che i milioni su loro riversati avrebbero reso realtà quel dispositivo rivoluzionario che non ha mai funzionato? Era, come dovrebbe provare a dimostrare Elizabeth Holmes durante il processo, il solo Ramesh Balwani ad averla plagiata, creando il personaggio Holmes e controllando ogni aspetto della sua personalità: dall’abbigliamento al cibo, dalla parlata alle frequentazioni, fino ai messaggi sullo smartphone?

Il processo, si spera, chiarirà gli aspetti ancora oscuri di questa vicenda. Di una storia che, fino a oggi, ha dimostrato di avere un solo pregio: ci ha aiutato ad aprire gli occhi sugli eccessi del mito delle startup. E ciò che si può nascondere dietro delle straordinarie e rivoluzionarie promesse della Silicon Valley.

Istituto Dante Alighieri