È ora di parlare della depressione causata dalla pandemia

Lancet rivela che la prevalenza di ansia e depressione nel mondo è aumentata del 25% durante l'emergenza Covid. Un problema che, senza interventi decisi, avrà gravi conseguenze.

È ora di parlare della depressione causata dalla pandemia

Lancet rivela che la prevalenza di ansia e depressione nel mondo è aumentata del 25% durante l'emergenza Covid. Un problema che, senza interventi decisi, avrà gravi conseguenze

(foto: Francesco Carta fotografo/Getty Images)

Epidemia invisibile, epidemia silenziosa, male del secolo. È stata chiamata in tanti nomi, ma è sempre lei: la depressione, un disturbo mentale che in questo inizio di ventunesimo secolo ha raggiunto ormai proporzioni pandemiche, con oltre 280 milioni di persone che ne soffrono in tutto il mondo e un primo posto come causa di disabilità. Numeri che l’attuale pandemia di Covid-19, purtroppo, non ha fatto che peggiorare. A certificare i timori espressi da molti esperti negli scorsi mesi è un ampio studio appena pubblicato sul Lancet: nel 2020 la pandemia ha fatto schizzare del 25% l’incidenza di disturbi d’ansia e depressione maggiore (la forma clinicamente più rilevante di depressione) in tutto il pianeta.

La ricerca

Il nuovo lavoro è una cosiddetta revisione sistematica, una ricerca di secondo livello, che analizza decine di ricerche uscite in precedenza per identificare l’attuale stato delle conoscenze scientifiche. E incrociando i dati delle singole ricerche in una meta-analisi, può calcolare la prevalenza di una determinata patologia con più precisione dei singoli studi, spesso effettuati su campioni di pazienti limitati, e quindi con scarsa rilevanza statistica. In questo caso, chiaramente, gli autori si sono concentrati sulla prevalenza dei disturbi d’ansia e della depressione maggiore, identificando oltre 40 studi pubblicati nell’ultimo anno sul tema.

La meta-analisi svolta sui risultati ha dato un responso chiaro, che non lascia spazio a dubbi: nel mondo la prevalenza dei disturbi d’ansia è aumentata in un anno di pandemia del 25,6%, per un totale di 76,2 milioni di nuovi casi, e una prevalenza di 4.108 disturbi ogni 100mila persone. La prevalenza della depressione maggiore è invece salita del 27,6%, arrivando a 3.152 casi ogni 100mila abitanti, per un aumento complessivo di 53,2 milioni di nuove diagnosi. Non tutti i paesi, comunque, sono stati colpiti allo stesso modo da questa epidemia di disturbi psichiatrici, e alcune categorie di persone sono risultate più fragili di altre.

Fattori di rischio

La prima differenza importante è quella di genere. Depressione e ansia sono cresciute infatti maggiormente nel genere femminile dall’inizio della pandemia. L’aumento di casi di depressione tra le donne ha raggiunto infatti quasi il 30%, contro il 24% registrato nel genere maschile, mentre per l’ansia parliamo di un più 28% per le donne, e di un più contenuto 21% nel caso degli uomini.

Tutto considerato, il genere femminile ha ora una probabilità di soffrire di entrambi i problemi che è doppia rispetto a quella degli uomini. Una circostanza che probabilmente dipende da molti fattori. Anche prima dell’arrivo di Covid-19 entrambi i disturbi erano più prevalenti tra le donne. Al contempo, diverse ricerche hanno certificato che nell’ultimo anno le donne hanno perso più spesso il lavoro a causa della pandemia rispetto agli uomini, hanno dovuto supportare gli altri membri della famiglia durante i periodi difficili, e purtroppo sono state spesso vittima di violenze domestiche nelle settimane e nei mesi di lockdown.

Altri due fattori di rischio importanti emersi dalla ricerca riguardano l’età, e la gravità con cui Covid-19 ha colpito l’area in cui si vive. I giovani sono infatti risultati più colpiti degli adulti, forse prevedibilmente visto che in molte aree del mondo le misure di contenimento della pandemia hanno portato alla chiusura delle scuole (provocando, a detta dell’Unesco, la peggiore crisi scolastica della storia), privando i più piccoli della chance di socializzare con ragazzi della propria età.

Allo stesso tempo, i giovani alle prime esperienze lavorative sono la categoria che corre il rischio maggiore di trovarsi disoccupati al termine della pandemia, un pericolo che si riflette nei dati dello studio, visto che è proprio tra i 20-24enni che è stato registrato l’incremento più rilevante di casi di depressione e ansia. Come dicevamo, i problemi sono stati inoltre più gravi per chi viveva nelle aree colpite più duramente dalla pandemia: l’incidenza di disturbi mentali è risultata infatti correlata sia al numero di morti giornaliere per Covid-19 nell’area di residenza, sia al grado di limitazioni che la pandemia ha imposto alla mobilità.

La situazione in Italia

Concentrandoci sulla situazione italiana, diverse ricerche negli scorsi mesi hanno evidenziato che ansia e depressione sono tra gli effetti collaterali più importanti di questa pandemia, e delle strategie che si sono rese necessarie per contenerla. A giugno dello scorso anno, per esempio, il Registro nazionale gemelli (gestito dal Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Istituto superiore di sanità) ha lanciato uno studio per valutare l’impatto del lockdown e della pandemia sulla salute mentale della popolazione. La ricerca ha coinvolto 2.700 gemelli adulti, e 878 famiglie con gemelli minorenni, evidenziando che l’11% del campione ha sperimentato sintomi depressivi durante il lockdown e nei mesi successivi, e il 14% sintomi di ansia.

A gennaio, in occasione del congresso nazionale della Società italiana di neuropsicofarmacologia, gli esperti italiani avevano già attirato l’attenzione sul problema che affronteremo nei prossimi mesi a causa degli effetti psicologici di Covid. Nel 32% delle persone contagiate dal virus, infatti, insorgono sintomi depressivi, e nel 42% problemi di ansia e insonnia. E con oltre 4 milioni e mezzo di casi dall’inizio della pandemia, è chiaro che il numero di persone che svilupperà un vero e proprio disturbo psicologico è purtroppo destinata a rivelarsi molto elevata. La crisi economica che colpirà inevitabilmente nei prossimi mesi, inoltre, non potrà che peggiorare le cose, con un rischio di depressione che raddoppia nelle persone con reddito inferiore ai 15mila euro annui e diventa addirittura tripla nei disoccupati. La stima degli esperti è di almeno 150mila nuovi casi di depressione collegati alle conseguenze della pandemia, che rischiano di essere anche di più se non si interverrà per promuovere la salute mentale della popolazione, perché, spiegavano, “tutte le condizioni di fragilità sanitaria, emotiva, sociale che si stanno creando nel Paese non sommano, ma moltiplicano esponenzialmente le loro conseguenze negative sul benessere psicofisico della popolazione”.

Istituto Dante Alighieri